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L'uomo di Neanderthal non era egoista

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view post Posted on 29/8/2011, 00:39
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La compassione tra gli uomini preistorici,
un tema di studio in sè




Emergono sempre più prove a favore di un uomo preistorico che si prende cura dei suoi simili, dei disabili e degli anziani.

Pubblicata sulla rivista Time and Mind, oggetto di un libro, " La preistoria della Compassione ", il lavoro dell’ archeologo Penny Spikins e dei suoi colleghi delll'Università di York (Regno Unito), è probabilmente il primo studio dedicato esclusivamente alla dimostrazione della compassione degli gli ominidi fossili.



Un nuovo campo di ricerca?
Se si discute spesso del modo in cui pensavano gli uomini arcaici, sapere come sentivano sembra essere posto al di fuori del campo della scienza, PA Spikins, H.E Rutherford e A.P Needham, del Dipartimento di Archeologia, Università di York inaugurano un “archeologia preistorica della compassione”. Penny Spikins precisa:
" Abbiamo tradizionalmente prestato molta attenzione al modo in cui gli esseri umani pensavano gli uni agli altri, ma è tempo di sapere se si curavano a vicenda ".
Per fare questo, forse estrapolando alcuni dei nostri gesti di sollecitudine "automatici”, o anche quelli degli scimpanzé, ma anche basandosi sulla letteratura fossili e archeologica, propongono i contorni di un vero scenario in quattro fasi .

Dalle supposizioni alle prove.
In primo luogo, sei milioni di anni fa,l'antenato comune all’uomo e allo scimpanzé - un antenato del resto, non ancora ben definito dalla scienza – sposta un ramo per facilitare il passaggio ad uno dei suoi simili o gli rivolge un semplice gesto di consolazione: primi segni di sollecitudine. Più tardi, circa 1.8 milioni di anni fa, presso il nostro antenato l’ Homo erectus una qualche forma di compassione inizia ad essere "regolamentata" in una prima traccia di pensiero razionale: l'emergere dell’ attenzione rivolta agli ammalati, un atteggiamento particolare di fronte alla morte di un consanguineo, espressioni di empatia nei confronti dell’altro.

Meglio documentato, il seguito dello scenario si svolge nell’ Europa del Paleolitico inferiore e medio, tra i 500.000 e i 40.000 anni prima della nostra era. Nell’ Homo heidelbergensis e l’ Homo neanderthalensis, la durata del periodo adolescenziale e l'interdipendenza attraverso la caccia collettiva comporta la presa in considerazione delle differenze. In particolare, i resti fossili di due esemplari mostrano un indiscutibile presa in carico di soggetti deboli e dipendenti: il primo, un bambino con una malattia cerebrale congenita, che è sopravvissuto nel gruppo fino a fino all’ età di almeno cinque anni, l'altro uno Neanderthal invalido di un braccio e un piede, senza un occhio, che ha vissuto fino a venti anni circa.



Si potrebbe integrare questi esempi citando il famoso "Uomo della Cappella dei Santi", scoperto nel 1908 in Corrèze, questo Matusalemme Neanderthaliano, di cui lo studioso di preistoria Jean-Louis Heim valuta un età di 50 o 60 anni, soffriva di artrite cervicale di un anca deformata, di un ginocchio danneggiato e di un usura totale dei denti, tutte disabilità verificatesi durante l’arco della sua esistenza, e che richiedeva l'attenzione quotidiana del suo gruppo.

Nuovo campo ma vecchia idea.
Gli autori terminano il loro scenario con lo sviluppo, presso gli Homo sapiens, a partire da 120 000 anni fa, di questo sentimento di compassione che finirà per estendersi agli estranei e persino agli animali. Essi concludono che la documentazione archeologica - in particolare attraverso l’imagerie medica - ha ancora una lunga storia da raccontare, anche su elementi così difficili da capire come i sentimenti umani.

Tuttavia, alcuni ricercatori difendono queste affermazioni da qualche tempo, come i francesi Marylène Patou-Mathis, ardente difensore dell’umanità dei Neanderthal, e Pascal Depaepe, che spiega, circa gli uomini dell'Acheuleano, nel suo libro di un anno fa: "Il teschio di Salé, in Marocco, presenta (...) altre malformazioni, la vita di questa donna sarebbe stata probabilmente impossibile senza l'aiuto del suo entourage. Ad Atapuerca, due casi simili sono attestati: un sordo e un uomo colpito da un infiammazione ossea, sono testimonianze di solidarietà e di umanità”,

Lo studio di Elvis ad Atapuerca, una prova recente di questa compassione.

Gli scienziati spagnoli non sono da meno. Iniziata nel 1994, lo studio dei fossili, delle grotte di Atapuerca (Spagna settentrionale), patrimonio mondiale dell'umanità, ha appena consegnato ai ricercatori dell'Università di Madrid, una nuova prova di questa " Paleo-compassione ". L’ esame del bacino e della colonna vertebrale di un Homo heidelbergensis , datato di 500 000 anni mostra che il soggetto gobbo,, soffriva di un’escrescenza ossea vertebrale e di uno spostamento vertebrale doloroso, si aiutava forse con un "bastone" per muoversi. Dopo aver raggiunto l'età di 45 anni, Elvis, così lo hanno chiamato i ricercatori, non poteva che essere stato assistito e nutrito dai suoi prossimi. "La sua sopravvivenza per un periodo così lungo con una simile disabilità indica che il gruppo di nomadi a cui apparteneva aveva una particolare cura degli anziani", dice Alejandro Bonmati, direttore dello studio, immaginando anche che la preziosa esperienza di quel vecchio gli assicurava il rispetto di tutto il gruppo.




Bassin de la Sima de los Huesos, soprannominato Elvis. E’ il bacino fossile più completo. Apparteneva ad un maschio di circa 175 cm di altezza e circa 100 chili di peso.L’ Homo heidelbergensis era una apecie molto forte e dotata di fianchi più ampi dei nostri. Il parto delle loro donne doveva essere meno difficile di quello delle donne di oggi.
F. Belnet
Photos : Kroko (Exposition Atapuerca, Paris 2009)

Traduzione di 2formulauno dal sito
www.hominides.com/

L'uomo preistorico non era egoista, si prendeva cura del suo prossimo.
La compassione sembra essere molto antica, a questo punto potremmo quasi dire atavica e nata ben prima della carità cristiana, la si esercitava non solo nei confronti degli “esseri umani” ma anche degli animali..in questo campo paradossalmente si potrebbe avanzare l’ipotesi di involuzione anziché di evoluzione del genere umano.
 
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